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Giorgia Meloni e quel video che non piace ai giornalisti

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Giorgia Meloni: non si placa la polemica sul video del Primo maggio della premier. Viene accusata di non aver indetto una conferenza stampa sul decreto lavoro che è stato approvato dal consiglio dei ministri proprio in quel giorno. Come sappiamo, il decreto, del quale si conoscono solo le linee generali, è stato preceduto e seguito da polemiche di ogni genere e natura. Prima per la mancata approvazione della Camera dei deputati in seconda lettura (cosa che ha costretto il governo a rettificare al volo il decreto; e poi il parlamento a votarlo in 24 ore, il che dimostra che, quando si vuole, si può legiferare a tamburo battente) poi per gli effetti dello stesso, sui quali si è detto davvero di tutto.

Botta e risposta

La presidente del Consiglio dichiara che è la più corposa riduzione degli oneri sociali di sempre. L’ex premier Matteo Renzi replica che la sua riduzione era migliore; la segretaria del Partito democratico Elly Schlein che è una bufala («è il decreto ricattabilità, per questo scenderemo in piazza»); l’altro ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte dichiara che è «il decreto precariato» e definisce il video da palazzo Chigi «una sceneggiata».

Cos’era successo? Che il primo maggio Giorgia Meloni diffonde un video di tre minuti, molto accattivante (è un’ottima comunicatrice), nel quale la premier, passeggiando per le stanze vuote di palazzo Chigi, spiega i punti essenziali del decreto lavoro. Alla fine della passeggiata Meloni apre la porta della sala del consiglio dei ministri, ove l’attendeva tutta la compagine dell’esecutivo, sorride, si siede e, agitando la campanella, dà inizio alla seduta.

Più o meno innocente…

Al di là dei contenuti, secondo noi è un video carino e simpatico; nel quale si vede forse per la prima volta l’interno del più esclusivo palazzo del potere, inondato dalla luce del sole, nel quale Giorgia Meloni si aggira con naturalezza. Si è detto che, così facendo, la premier ha inferto un colpo mortale alla funzione «salvifica» e «indispensabile» della stampa, bypassandola e parlando direttamente con i cittadini.

È mancata, secondo molti, la funzione mediatrice della stampa, alla quale la presidente e leader di Fratelli d’Italia, ha impedito, facendo domande, di incalzarla. Alla fine, con questo video più o meno innocente, Meloni avrebbe scalzato il corpo intermedio rivolgendosi direttamente al popolo. Novella Evita Peron o Maria Antonietta, la premier ha così dato il primo colpo che, alla fine, condurrà l’Italia alla dittatura. Esagerato? No, se sentiamo i commenti in tv o leggiamo le critiche dei giornali sembra che questo video di tre minuti sia più pericoloso per la democrazia delle leggi fascistissime del 1925/26.

Presente e passato

Sappiamo che Meloni voleva fortissimamente questo decreto e che fosse approvato proprio il primo maggio, festa dei lavoratori; e sembra che quando (da Londra) aveva appreso dello scivolone della maggioranza a Montecitorio fosse andata su tutte le furie. È naturale che non avrebbe voluto, quello stesso primo maggio, un confronto con una stampa che, per la sua maggior parte, le è ostile; e che l’avrebbe bersagliata con domande fatte apposta per rovinarle la festa. Nessuno, e men che meno la Meloni, ha però impedito alla libera stampa di dire tutto quello che voleva sul decreto lavoro.

Nessuna norma prevede che il presidente del consiglio debba sottostare alle conferenze stampa. Ma se vogliamo stigmatizzare questo appello diretto al popolo senza intermediazioni, ricordiamo le conferenze reiterate e quasi quotidiane di Giuseppe Conte ai tempi del Covid? Era una situazione di emergenza e tutti pendevamo dalla bocca del presidente per sapere se la mattina dopo avremmo potuto uscire di casa, recarci al lavoro o a fare la spesa, ma nessuno si è mai sognato di criticare la frequenza di Conte in Tv a reti quasi plasticamente unificate.

E Renzi? Quando era presidente del consiglio faceva lo stesso. E anche a lui i giornalisti non erano simpatici, e lo dimostrava senza remore. Secondo noi questo accesso al popolo è invece salutare e opportuno. Purché non diventi l’unica via di comunicazione e purché non si esageri. Ma ci sembra che Meloni, per ora, non abbia esagerato.
(articolo pubblicato su ItaliaOggi)

Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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