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Putin e Biden: sull’Ucraina discorsi prevedibili e intanto la guerra continua

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Vladimir Putin: cos’ha detto, cosa voleva dire e cosa ha taciuto nelle oltre due ore di discorso alla nazione di martedì scorso? Quasi niente sulle prospettive belliche in Ucraina: poteva preannunciare un’escalation, addirittura l’utilizzo di armi atomiche tattiche; poteva (falsamente) dichiarare l’imminente vittoria. Niente di niente: la guerra (sempre definita “operazione militare speciale”) proseguirà fino alla vittoria. Perché “è impossibile sconfiggere la Russia sui campi di battaglia”. Ammettiamolo, non avrebbe potuto essere più generico; e tale approssimazione la dice lunga sulle difficoltà che sta affrontando sul campo a un anno dall’invasione, iniziata il 24 febbraio 2022.

Nazione sovrana

Una volta per tutte: ma perché “operazione militare speciale”? Perché se la definisce guerra ammette che l’Ucraina è una nazione sovrana, cosa che per il Cremlino non è. Se il Piemonte dichiarasse la sua indipendenza, l’Italia manderebbe (forse) le truppe; ma non farebbe certo una dichiarazione di guerra al governatore Cirio, anche noi la chiameremmo operazione militare. Per la Russia in generale e per Putin in particolare l’Ucraina è il loro Piemonte, la terra dalla quale ha avuto inizio la sua storia. E nonostante per secoli sia gli zar che i comunisti abbiano trattato gli Ucraini come carne da cannone o, se andava bene, da servi della gleba, oggi sono stupiti che gli Ucraini non accettino più di buon grado il loro tallone sul collo.

Occidente in declino

Poi, e tale affermazione fa il paio con la prima, Putin ha altrettanto genericamente attaccato l’Occidente. Secondo il capo del Cremlino è in costante declino, morale e materiale. Ha accennato alle coppie gay e alla pedofilia come segnali del decadimento occidentale. E ha rivendicato i fondamenti della famiglia tradizionale (parlando anche a nome della chiesa russa, il patriarca Kirill era seduto in prima fila). L’unica novità di qualche rilievo è l’annunciata “sospensione” del trattato Start sulla riduzione delle armi nucleari. Si tratta di un accordo tra Usa (e non Nato) e Russia sottoscritto a Praga nel 2010 da Barack Obama e Dmitri Medvedev e rinnovato due volte, l’ultima nel febbraio 2021, che prevede un limite di 1.550 testate nucleari per uno e dei controlli reciproci per verificarne l’attuazione.

Controlli sospesi

Sul piano pratico tale annuncio vale pochissimo. Perché dall’inizio della pandemia tutti i controlli sono stati sospesi e tale sospensione proseguiva anche dall’inizio della guerra in Ucraina. Vale però sul piano diplomatico perché è l’ulteriore – forse l’ultima – chiusura dello spazio per le trattative. Si è commentato che “sospendere” non è altrettanto grave che denunciare il trattato; ma si è risposto che se l’avesse denunciato si sarebbe chiamato fuori dagli impegni internazionali, diventando in pratica uno “Stato canaglia”. Sappiamo che per Putin, soprattutto oggi, l’opinione dei governi occidentali è quasi indifferente. La sospensione è l’ennesimo gioco propagandistico al rialzo e la revoca o denuncia del trattato sarà semplicemente la prossima opzione.

E Biden?

Nello stesso giorno, a Varsavia, neppure Biden ha usato frasi epocali; ha cercato invano lo spirito di J.F. Kennedy nella Berlino del 1963, ma non l’ha trovato. Davanti al muro, Kennedy aveva detto in pratica una sola frase, “Ich bin ein Berliner”, io sono un berlinese, e la storia lo ricorderà per questo. Biden in una affollata piazza di Varsavia ha parlato per un’ora abbondante senza dire niente se non “la guerra continua”; “siamo tutti con voi”; “la Russia non prevarrà”.

Diciamolo: avrebbe potuto dire altro? Ce lo saremmo aspettato? Certo che no. Come Giorgia Meloni che, sempre martedì, era a Kiev e ha condiviso con i due grandi gli onori delle prime pagine; anche se, vuoi per colpa di Berlusconi, vuoi per colpa di Putin o di Biden, il clamore mediatico della sua visita a Zelensky è stato molto attutito. Rispetto agli Usa l’Italia ha poco da offrire a Kiev. E la visita della Meloni è stata percepita più come una passerella utile agli equilibri interni che come un successo di politica estera.
(articolo pubblicato su ItaliaOggi)

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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