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Terrepadane: tra business agricoli e immobiliari, si riaccende la sfida con Cai e Coldiretti

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Terrepadane: terzo atto della saga. Il Consorzio di Piacenza resterà autonomo, oppure sarà risucchiato nella maxi fusione di Consorzi Agrari d’Italia (Cai)? La domanda torna di forte attualità e non solo per il mondo agricolo locale. L’assemblea di Terrepadane per votare il bilancio 2021 si dovrebbe tenere entro maggio. E dopo i passaggi difficili del 2020 e dello scorso anno, la vicenda potrebbe vivere presto altri momenti decisivi, tra posizioni intransigenti e ramoscelli d’ulivo.

Riavvolgiamo il nastro degli eventi. Due anni fa Cai si presenta a Piacenza. Ma la proposta di entrare nella società creata da BF (holding quotata in Borsa che controlla Bonifiche Ferraresi) e da Coldiretti viene bocciata dal Consiglio d’amministrazione di Terrepadane. Ad aprile 2020, il Cda che rappresenta i soci dei consorzi di Milano, Lodi, Pavia e Piacenza, dove gli agricoltori emiliani hanno un peso prevalente, vota contro il progetto di fusione del suo ramo operativo in Cai e del suo ramo immobiliare in un’altra società all’epoca ancora da costituire.

Passa un anno e arriva lo scontro più duro. A maggio 2021 si rinnovano i vertici di Terrepadane fino al 2024. Dopo una campagna elettorale senza esclusione di colpi, la lista degli amministratori uscenti contraria alla fusione, guidata dal presidente Marco Crotti e con l’appoggio di Confagricoltura, stravince sulla lista di Coldiretti favorevole a Cai. Le polemiche sull’esclusione del voto per procura dei 700 nuovi soci di Terrepadane, iscritti in fretta e furia da Coldiretti nelle settimane precedenti, portano a un’ispezione dei funzionari del ministero dello Sviluppo economico, che poi certificano la correttezza delle procedure elettorali.

L’arbitrato in corso 

Coldiretti però non si ferma. Dopo la disfatta, commissaria la sede di Piacenza, inviando Gianni Benedetti, funzionario nazionale, e Marco Allaria, direttore regionale; nomina anche un nuovo direttore provinciale, Roberto Gallizioli. E intanto chiede un arbitrato al Tribunale di Piacenza per giudicare la correttezza delle elezioni di Terrepadane. I tre esperti nominati dal presidente del Tribunale Stefano Brusati sono gli avvocati e docenti piacentini Mauro Paladini (presidente del collegio arbitrale) e Domenico Capra, insieme al collega napoletano Dario Scarpa, che insegna all’Università Bicocca di Milano.

Il lodo arbitrale, atteso in aprile, potrebbe inficiare il risultato elettorale dello scorso anno? Naturalmente sì, anche se contro la decisione è possibile fare ricorso; nel frattempo il Cda potrebbe rimanere in carica per gli affari correnti o perfino essere sospeso e sostituito da un commissario, in attesa del verdetto d’appello.

L’arbitrato è quindi una spada di Damocle che pende sul futuro di Terrepadane; uno strumento di pressione che però in questi mesi è servito anche a tenere formalmente aperti i contatti tra le due controparti. Ed è facile immaginare che dietro le quinte del collegio arbitrale i ragionamenti sul futuro del Consorzio di via Colombo si siano dipanati in modo approfondito lungo l’asse Piacenza-Bologna-Roma.

Bilancio mai visto 

Nel frattempo, Terrepadane è diventato per Cai un boccone ancor più stuzzicante. Con all’incirca il 70% delle quote di mercato in macchinari, merci e servizi per l’agricoltura forniti tra Milano, Lodi, Piacenza e Pavia, il Consorzio di via Colombo è tra le cinque principali realtà imprenditoriali piacentine. E nel 2021 ha visto un aumento del suo giro d’affari del 15%, sfondando il tetto dei 200 milioni di euro di fatturato. Il risultato fa il paio con le politiche di espansione di Terrepadane, che a breve, per esempio, dovrebbe annunciare l’acquisizione di Agrifarma, società piacentina specializzata nei servizi tecnologici all’agricoltura.

La partita immobiliare

Ma il business viaggia veloce anche sul piano immobiliare: tra le proprietà di Terrepadane spicca a Piacenza il maxicomparto urbano di circa 130mila metri quadrati lungo via Colombo e la ferrovia. Una riqualificazione valutata in 100 milioni di euro e collegata ai finanziamenti del bando periferie. L’area è sul mercato da tempo, al centro di diverse trattative. E nonostante il calo dei valori immobiliari, l’interesse sta riprendendo quota.

Basti pensare per esempio alle parole del presidente di Confindustria Piacenza, Francesco Rolleri, pronunciate la scorsa settimana al workshop organizzato dalla Provincia. L’incontro ha messo a fuoco il tema della nuova legge regionale che limita il consumo di suolo e le prospettive per i nuovi insediamenti produttivi. In quella sede Rolleri ha lanciato l’idea di riportare le produzioni di manifattura leggera all’interno del tessuto urbano. E se lo sguardo in città si volge subito alle tante aree militari dismesse, poi corre inevitabilmente ai vecchi magazzini del Consorzio.

Stare sul mercato

In questo quadro la partita di Terrepadane è sempre più attuale. Anche alla luce della guerra in Ucraina, che sta generando pensanti effetti negativi sui prezzi delle materie prime e dei beni intermedi per l’agricoltura, schizzati ai massimi di sempre. Così qualcuno invita a ragionare su quanto potrebbe essere utile entrare in un circuito più ampio come quello di Cai. Naturalmente con una solida rappresentanza locale, per spuntare sempre i prezzi migliori sul mercato e ottenere forniture certe per i soci non solo piacentini: obiettivi che Terrepadane in solitudine forse domani non sarebbe più in grado di garantire del tutto.

Verso l’assemblea

Ma veniamo alla prossima assemblea chiamata a votare il bilancio 2021: cosa potrebbe succedere? Le ipotesi sono sostanzialmente due, al netto del lodo arbitrale di cui abbiamo detto. La prima: Coldiretti porta in assemblea i soci vecchi e nuovi che le sono fedeli e riesce a sfiduciare il Consiglio di amministrazione in carica. Con la nuova maggioranza cambia i vertici di Terrepadane e inizia velocemente il percorso di accorpamento in Cai. Un’ipotesi tecnicamente possibile, sempre che dall’altra parte della barricata non abbiano fatto a loro volta incetta di nuovi tesserati. Uno scontro del genere però causerebbe comunque un vero terremoto in un momento già molto difficile per l’agricoltura in generale.

Quindi prende corpo anche una seconda ipotesi: Coldiretti lascia al lavoro l’attuale Cda di Terrepadane, presieduto da Crotti e affiancato dallo storico direttore generale Dante Pattini. Guadagnando tempo per ribaltare le cose nel biennio a venire. O preparando il terreno per trovare una soluzione il più possibile condivisa con i big piacentini, visto che in sostanza il 30-40% delle entrate di Terrepadane arriva da una ventina di grandi soci del Consorzio. Un accordo che alla lunga per diversi osservatori appare sempre più inevitabile. E che giocando bene le carte a disposizione del territorio piacentino, potrebbe garantire le peculiarità delle produzioni locali nell’ambito di una favorevole strategia globale.

Uomini forti

Infine, sullo sfondo c’è un ultimo fattore da considerare. E non è di poco conto. A Cai in questo periodo hanno già molta carne al fuoco da gestire. Stiamo parlando dei complessi accorpamenti dei grandi consorzi, da Verona a Udine, che di recente hanno aderito con fatica al progetto. Tentare di inserire al volo anche Piacenza, a maggior ragione con una spallata veemente, potrebbe rivelarsi un boomerang.

Insomma, per i due uomini forti di Consorzi Agrari d’Italia, Federico Vecchioni, patron di BF, e Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti, inserire in agenda anche Terrepadane potrebbe essere solo un problema in più. Un problema che forse oggi sarebbe meglio evitare, aspettando tempi migliori.

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Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.

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