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Razza: la lezione di Einstein che vale per sempre

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Razza: si racconta che nell’ottobre del 1933 Albert Einstein, giunto all’ufficio immigrazione americano doveva compilare un modulo. Tra le tante domande, c’era anche quella sulla razza di appartenenza. E pare che il grande scienziato avesse scritto: “Appartengo all’unica razza che conosco, quella umana”.

La forma dubitativa è d’obbligo, perché non abbiamo la certezza che Einstein abbia scritto questa splendida risposta. Altre fonti dicono che alla domanda “Razza” rispondesse solo e sempre “umana”. Ma anche se il premio Nobel non l’avesse mai detto, è comunque un concetto che gli apparteneva. Ricordiamo “per inciso” che Einstein fuggiva da una Germania nazista che stava iniziando la famigerata campagna contro gli Ebrei, quella che ha portato all’Olocausto.

Razza: il lapsus di Fontana

La parola è tornata d’attualità grazie al leghista Attilio Fontana. Il candidato alla presidenza della Regione Lombardia domenica scorsa ha pronunciato le parole “razza bianca” a Radio Padania, suscitando il putiferio che è sotto gli occhi di tutti.

Fontana si è subito scusato, parlando prima di lapsus e poi ammettendo di aver usato “un’espressione infelice”. Provocando però ulteriori polemiche. Come mai? Perché c’è chi ha detto che usare la parola “lapsus” significa che era un concetto che aveva in testa. E non voleva dire, che gli è sfuggito. Ma come il lapsus freudiano insegna, rappresenta il suo pensiero profondo. Poi Fontana ha ricordato che la parola razza ricorre anche all’articolo 3 della nostra Costituzione, senza grandi risultati sotto il profilo del politically correct. Scomodando il grande Nereo Rocco è stato osservato: “Peggio il tacòn del buso”.

Il messaggio nella bottiglia

Il problema è che Fontana lo ha detto pubblicamente, vanificando così gli altri concetti che facevano da corollario alle parole incriminate e cioè che l’accoglienza non può essere illimitata, concetto ampiamente condiviso.

Ma secondo qualcun altro, Fontana non si è sbagliato. E quelle parole non erano per nulla un lapsus. Anzi, erano esattamente il messaggio che voleva diffondere da Radio Padania, indirizzato alla pancia dei suoi elettori. Una specie di messaggio in bottiglia. “Non temete, io la penso esattamente come voi”. Perché non dobbiamo dimenticare che il prossimo 4 marzo la linea dura sull’immigrazione, secondo il Messaggero, sposterebbe tra il 20 e il 30% dei voti.

Un po’ di numeri

Ad oggi gli immigrati in Italia finora non sono in numero preoccupante, nonostante gli allarmismi decuplicati dalla campagna elettorale. Secondo uno studio del Sole 24 ore dello scorso giugno, a Roma i residenti stranieri sono il 12,75% e Milano quasi il 19%. Mentre per l’Istat gli stranieri regolarmente residenti in Italia sono complessivamente poco più di 5 milioni. Se aggiungiamo un milione stimato di clandestini, siamo ancora al di sotto del 10% della popolazione. E siamo pressapoco in linea con gli altri Paesi europei. La Germania (dati Ue) registra circa 8,7 milioni di stranieri, la Francia 4,4, il Regno Unito 5,6, la Spagna 4,4.

Gestire l’immigrazione: è possibile?

Dunque il problema non è tanto il loro numero, ma la loro gestione. Soprattutto oggi, a fronte di flussi che (pare) sono fortemente rallentati, occorre evitare ad ogni costo che gli immigrati siano abbandonati a loro stessi. E lasciati nelle periferie degradate delle grandi città, in una tensione sempre più alta con i residenti italiani e con annessi problemi di sicurezza. Periferie nelle quali, Francia e Regno Unito insegnano, il brodo di coltura del terrorismo islamico ha maggiori probabilità di svilupparsi.

La Germania, dopo aver accolto, negli anni, una fortissima immigrazione turca, ha cercato di gestire il fenomeno integrando il più possibile, facendo corsi di lingua e civiltà. Pare che i risultati non siano eclatanti, nonostante i robusti mezzi messi in campo e la tenacia che li caratterizza.

Purtroppo, a fronte di tanti immigrati desiderosi di integrarsi, esistono anche quelli che non ne hanno nessuna intenzione, soprattutto quando si tratta di musulmani  fondamentalisti. Abbiamo davanti un lungo cammino. E se quelle di Einstein sono un insegnamento e un sollievo, le parole di Fontana non ci sono di nessun aiuto.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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