Pd e maggioranza: chi ha paura del voto? Nel mio ultimo intervento del 2020, lo scorso 24 dicembre, concludevo l’anno sostenendo che ci sarebbe stato un compromesso per chiudere la crisi nei partiti che sostengono il Governo Conte.
Ma se non fosse così? Se al Pd di Nicola Zingaretti sfuggisse di mano la situazione, o non fosse in grado di interagire risolvendo positivamente la trattativa, il presidente della Repubblica indirebbe nuove elezioni in primavera. Nuove elezioni che prima della scadenza elettorale rappresentano una sconfitta della capacità dei partiti e dei singoli di organizzarsi; ma a volte sono necessarie per evitare danni futuri maggiori. Anche in presenza di una pandemia.
Nuove elezioni: come?
Chi sarebbero i vincitori?
Meno paura
L’elemento nuovo però è il presidente del consiglio, il professor Giuseppe Conte, persona sicuramente preparata e certamente popolare, molto più dei tanti professionisti della politica. Se Conte creasse un raggruppamento coalizzato con il Movimento 5 Stelle l’effetto sarebbe molto importante. E potrebbe ben condurre ad una coalizione di centrosinistra.
Ricordo sempre le parole del professor Gianfranco Miglio: “In Italia si può dedurre che il 50% vota a destra e il 50% a sinistra”. Se si rammentasse questo, le elezioni farebbero meno paura. Il M5S, in assenza di Giuseppe Conte, combinerebbe ben poco; ma se invece recupera la sua storia, quanto ha fatto, con una solida leadership di lista grazie a Conte potrà recuperare l’elettorato perduto. E questo avrebbe un effetto su tutto il centrosinistra, Partito democratico incluso.
Di necessità virtù…
È infatti evidente che il Pd, fermo al 20% nei sondaggi, debba di necessità dimenticare di poter crescere drenando voti al M5S, anche perché molti non sono fungibili. Così, di necessità virtù, andando alla definizione di un’alleanza con il M5S, con tutti quei chiarimenti necessari che invece mancano nella situazione attuale, anche per palese disomogeneità e interessi all’interno del Pd stesso.
Certo, il punto focale è la persona di Giuseppe Conte; così non stupisce l’accanimento di alcuni politici di spicco (Renzi per tutti) e anche l’ampio spazio che questi trovano su buona parte di stampa e tv.
Cosa deve evitare il Pd? La disomogeneità (assenza di parole guida e regole interne) spiega i comportamenti e le dichiarazioni dei suoi membri, spesso in contraddizione tra loro ed anche, temporalmente, con se stessi (non siamo con Conte o con Renzi, siamo con Conte, possiamo fare a meno di Conte…).
È tutto fatto?
I giornali e la tv
In questo quadro, la stampa e la televisione sono abbastanza schierati. Cosa significa? Che in concreto danno spazio soprattutto alle critiche, attraverso articoli di fondo, interviste, e così via, senza mai un vero contraddittorio. Si pensa tuttavia che i dibattiti televisivi potrebbero migliorare le cose, e avere grande influenza, anche se i risultati recenti dell’esperienza negli Stati Uniti per lunghi periodi dicono il contrario.
Un’ultima considerazione per le valutazioni di Pd e maggioranza sul piano della comunicazione: quando leggo e ascolto i direttori di grandi quotidiani affermare che rispondono solo ai loro lettori, mi domando (non senza retorica) se non abbiano mai commissionato sondaggi sui loro lettori… Ahimè, potrebbero scoprire di avere molte migliaia di copie vendute in meno (con buona pace di chi pensa che siano ancora un punto di riferimento così imprescindibile).