Comitato tecnico scientifico: perché grandi esperti come Andrea Crisanti e Massimo Galli non sono entrati nell’organismo riformato dal premier Mario Draghi?
Per affrontare questo tema facciamo un passo indietro. E ritorniamo ai primi di febbraio, quando il presidente della Repubblica ha parlato al Paese facendo riferimento alla formazione di un “Governo di alto profilo”. Ovvero dare immediatamente vita a un nuovo Esecutivo, adeguato a fronteggiare le gravi emergenze presenti: sanitaria, sociale, economica, finanziaria. Il cittadino comune ha pensato che dopo le parole di Mattarella sarebbero state via via cooptate le persone in grado, ad esempio, di fronteggiare con competenza in primis la pandemia di Covid.
Invece che cosa è successo? Il nuovo capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, d’intesa con la presidenza del Consiglio dei Ministri, ha modificato con un’Ordinanza del 17 marzo 2021 l’assetto del Comitato tecnico scientifico (Cts), riducendo il numero dei componenti da 27 a 12 e sostituendone alcuni. Ricordiamo che il Cts ha “competenza di consulenza e supporto alle attività di coordinamento per il superamento dell’emergenza epidemiologica dovuta alla diffusione del Coronavirus”.
A parte le dimissioni di un membro appena nominato e i commenti su una qualche forma di lottizzazione delle nomine tutta da dimostrare, si rimane perplessi dalle assenze di cui abbiamo detto nel nuovo Cts. I professori Galli e Crisanti, sono due scienziati in prima fila nella lotta al Covid. Potevano entrare di persona, oppure tramite stretti collaboratori che sono parte delle loro ricerche. Anche una partecipazione limitata via Skype o Zoom sarebbe stata più utile di una loro esclusione. Perché? La risposta è semplice: sono dentro la ricerca.
Il caso di Vo’ Euganeo
Prendiamo per esempio Crisanti, che ha un’esperienza unica nell’aver seguito la cittadina di Vo’ Euganeo, un piccolo comune vicino a Padova durante tutto il primo periodo (ed oltre) della pandemia. Tale lavoro ha dato origine ad un primo studio pubblicato su Nature il 30 giugno 2020; un lavoro che dà conto di importanti intuizioni sulla trasmissione del Covid, in particolare con riferimento agli asintomatici, alla minore infezione dei bambini, ma soprattutto alla politica di tracciamento e di network testing, cioè testare tutta la cittadinanza di Vo’ all’interno della rete di contatti (diretti ed indiretti) delle persone. E il caso di Vo’ è diventato un esempio non solo per tutta l’Italia.
Sulla base del contact tracing, si sarebbe potuto individuare soltanto il 30% delle persone che si erano infettate. Questo metodo ha infatti dei limiti, perché fa affidamento sulla memoria dei singoli per rintracciare i contatti; e molto spesso le persone sono anche reticenti. A meno di non fare tanti tamponi.
Un piano straordinario
E qui arriva la proposta di fine agosto 2020 del professor Crisanti che su sollecitazione del ministero della Sanità, ha elaborato un piano straordinario di sorveglianza attiva che fa perno su due pilastri: un effettivo massiccio aumento della capacità giornaliera di analizzare tamponi; e una distribuzione omogenea sul territorio con una capillare diffusione dei tamponi anche avvalendosi di laboratori mobili.
Il massiccio investimento in attrezzature, logistica, e personale e una presenza pervasiva in tutte le regioni permetterebbe la realizzazione di un piano omogeneo per tutto il Paese con il superamento delle barriere regionali. E a beneficio degli utenti finali. Ma tale proposta non ha avuto seguito. E sul colore delle Regioni? Anche sulle zone Crisanti ha proposto soluzioni differenti da quelle adottate, cioè, “commisurare le zone in base alle misure di contenimento prese”.
Vo’ ancora protagonista
In questi giorni è in corso di referaggio un’altro articolo su Nature dedicato al caso di Vo’, stavolta in relazione alla durata degli anticorpi a seguito di Covid. Anche su tale aspetto vi è un dibattito internazionale. Lo studio sembrerebbe suggerire che la protezione sia duratura, ma limitata per cui ci si potrebbe ammalare di nuovo con la necessità di vaccinazione.
Vi basta? L’Italia ha molte persone degne di partecipare alla vita pubblica, affrontando i problemi di tutti come la pandemia. Non cooptarle, come nel caso di Crisanti o di Galli nel Comitato tecnico scientifico, è un danno per il Paese.