Ovidio per sempre: alle Scuderie del Quirinale è in corso una mostra ricca e affascinante. Dedicata al poeta latino in occasione del bimillenario della morte, lancia un ponte suggestivo tra passato e presente immortalando il valore dell’amore. Curata da Francesca Ghedini, l’esposizione dal titolo “Ovidio. Amori, miti e altre storie” è aperta fino al 20 gennaio. Ed è articolata lungo 10 sale dense di poesia e di opere d’arte.
Versi e capolavori
A frammenti di frasi posti sulle pareti e presi dalle Metamorfosi, si alternano 250 opere d’arte di ogni epoca ispirate alla sua poesia provenienti da circa 80 musei e non solo italiani, compresi il Louvre e la National Gallery. Così l’esposizione si dipana tra affreschi in arrivo da Pompei, sculture dell’età imperiale e figure femminili come la “Venere callipigia” del museo archeologico di Napoli, o la “Venere pudica” del Botticelli. Proseguendo poi con capolavori firmati tra gli altri da Domenichino, Cellini, Tintoretto, Ribeira e Poussin. Senza dimenticare un’opera contemporanea, sempre ispirata ai testi di Ovidio, dell’artista americano Joseph Kosuth intitolata “Maxima proposito” che accoglie i visitatori.
Ovidio: dalla fama all’esilio
La mostra riesce in pieno nel suo intento di celebrare Ovidio, un poeta perdente nella vita ma vittorioso nel tempo. Nato a Sulmona nel 43 avanti Cristo, giunge a Roma insieme al fratello per iniziare la carriera forense. Si sposa tre volte, viaggia molto, visita Atene, l’Asia Minore, la Sicilia e ben presto inizia a raccontare miti e leggende che popoleranno le sue Metamorfosi e altre opere come Ars amatoria, Amores, Heroides, Fasti, Tristia.
L’amore a Roma è gioco e piacere. Ma l’imperatore Augusto inizia una rigorosa opera di edificazione morale contro i costumi licenziosi dell’epoca. Ovidio fa parte dei circoli intellettuali e si lega di profonda amicizia con la figlia e la nipote di Augusto (Giulia Maggiore e Giulia Minore), entrambe ostili alla restaurazione morale voluta dall’imperatore.
Queste frequentazioni però gli sono fatali. Di Ovidio ad Augusto non piacciono il suo pensiero libero e la sua vicinanza ai circoli dissidenti. Così nell’8 dopo Cristo è costretto a lasciare la famiglia e gli amici per l’esilio. L’imperatore l’ha condannato a trasferirsi a Tomi (l’odierna Costanza, in Romania). E dopo dieci anni passati a supplicare parenti e amici perché intercedessero per il suo ritorno, muore solo e senza aver riveduto Roma.
Miti per sempre
Durante il percorso, tramite l’audioguida, il visitatore ascolta pagine di Ovidio interpretate da Sebastiano Lo Monaco. L’immersione nella sua poesia è totale. Così come nei suoi personaggi, perché Ovidio è stato l’interprete e il creatore di figure millenarie, dall’Ermafrodito a Narciso, a Fetonte. E grazie a lui, e ai monaci medioevali che ricopiarono i suoi versi, anche i più audaci, sono state tramandate nella memoria collettiva le tradizioni della Mitologia Classica. Così gli dei (straordinaria la sala dedicata a Giove), gli eroi, i giovinetti e le ninfe di Ovidio sono arrivati fino a noi. E tra versi poetici, sculture e dipinti, questa mostra capitolina li ripropone con successo nel loro eterno splendore.
Maria Giovanna Forlani, piacentina, ha compiuto gli studi classici; si è laureata in Storia e Filosofia ed in Lingue e Letterature Straniere; è diplomata in pianoforte e clavicembalo. Dopo aver insegnato nei Licei è diventata Dirigente Scolastico. Cultrice delle arti, grande viaggiatrice, amante del nuoto e grande camminatrice. Ama la natura e il teatro. È giornalista pubblicista, conferenziera e saggista ed ha al suo attivo numerose pubblicazioni.