Cultura

Warhol a Roma: la grande mostra sul re della Pop Art in 12 mosse

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Andy Warhol in una foto di Jack Mitchell

Warhol: poliforme, geniale, dirompente. In occasione dei 90 anni dalla sua nascita Roma omaggia il re della Pop Art. Una mostra multimediale con oltre 170 opere dedicata alla figura e all’opera dell’artista americano (1928-1987) che ha influenzato generazioni di giovani di tutto il mondo. 

Warhol, i Velvet e Armani

Temerario nelle sfide con ogni linguaggio, Warhol, servendosi di cinema, pittura, musica, moda, persegue il “suo” sogno americano di diventare il grande “artista del Business”. Dai primi disegni per le copertine dei dischi di grandi band, quali i Velvet Underground o i Rolling Stones, dal fascino della moda e degli affari della grande industria internazionale, nasce l’idea degli “Italian Portraits”. Si tratta del simbolo di una società e di un’epoca che conducono Warhol alla conoscenza del gallerista Lucio Amelio e dello stilista Giorgio Armani. Napoli e Milano sono stelle nella sua mente, gioielli di poesia e di invenzione. E gli oggetti della Pop Art sono inseriti anche nel Museo di Capodimonte.
Dunque: cosa c’è da scoprire nella mostra romana curata da Matteo Bellenghi ed Eugenio Faccioni? Vediamo in 12 passaggi le chiavi di lettura del viaggio storico-estetico proposto al Vittoriano fino al 3 febbraio 2019.

Da Pittsburgh a re della Pop Art

  1. Le immagini storiche del video introducono il percorso, da Pittsburgh, città natale dell’Artista, a New York. Con particolari visivi, emozioni, flash, fino ai mitici Anni 60, con la creazione delle bottigliette di Coca Cola e il mito di Marilyn Monroe. “Non pensare di fare arte, falla e basta, lascia che siano gli altri a decidere se è buona o cattiva, se è bella o se fa schifo. Intanto, mentre gli altri sono lì a decidere tu fai ancora più arte e allora io continuo”. Questo è l’incipit della mostra.
  2. Il mito del “Popular” degli Anni 50. Serie di serigrafie ad inchiostro ispirate al Dadaismo svizzero. Il “New Dada” americano rielabora l’incursione della vita quotidiana nell’arte. Di seguito, la serie delle immagini dei travestiti dei bassifondi di New York.
  3. Fulcro creativo ed emotivo della mostra sono le serigrafie di Marilyn Monroe. La Diva non è un mero pretesto illustrativo ma un nesso perfetto tra concetto e realtà concreta. Marilyn era già un mito collettivo ed il genio di Warhol la fece diventare un’icona viva, immediata, tangibile.
  4. Serie di fiori, simboli coloratissimi della bellezza inafferrabile della natura. Partendo dalle cose si giunge all’essenza. Da non perdere la fotografia a colori di un ibisco del 1964.  
  5. Vuoto e disastri: Electric Chair. In mostra il tabù ancestrale della morte. Partendo dal terribile annuncio radiofonico “Oggi è Natale ma sulla sedia elettrica stanno morendo quattro milioni di persone”, Warhol si interroga sul nulla e riproduce schizzi in libertà che ritraggono la sedia elettrica.
  6. In una sala sono ricostruite le atmosfere psichedeliche degli Anni 60. Ci sono dischi, oggetti, chitarre, luci, specchi, fiori profumati, aromi e intanto suona la folle musica dei Rolling Stones.
  7. Il libretto rosso di Mao: in mostra il ricordo dell’incontro tra Mao e Richard Nixon nel 1972 che l’Artista immortala con una pittura dirompente, enorme, una macchia di colore fortissimo: Warhol credeva nell’impossibile.
  8. Il Grand Tour Settecentesco rivissuto in chiave drammatica: Napoli e il Vesuvio: il dramma di un’eruzione. Il vulcano è ritratto in forme ridottissime, di colore arancione e intorno un mondo perduto.
  9. Il consumatore più ricco compra e consuma ciò che compare anche sulla tavola di un povero. Il presidente degli Stati Uniti beve la Coca Cola come te. In mostra il simbolo del consumismo americano. E cioè la zuppa di legumi preferita da Warhol e da sua madre, la celebre Kell’s Campbell’s Soup di cui sono esposti i cartoni. Intorno alla zuppa nasce il mito della tavola povera, del bieco e frettoloso arrabattarsi in case di periferia in compagnia di un semplice piatto caldo.
  10. Miti americani di ieri e di oggi: pionieri e pellerossa da una parte e generali e presidenti dall’altra. Warhol ritrae la mitologia di massa sorta intorno al Far West; nella stessa sezione anche in colore rosso i Kennedy e il vecchio Lenin.
  11. La Factory nel cuore di Manhattan: in mostra la nascita e lo sviluppo dello studio artistico fino al tentativo di assassinio per mano di una femminista il 3 giugno 1968. Da allora Warhol vive fino alla morte, nel 1987, appartato, mandando avanti allievi e amici, riducendo le sue apparizioni pubbliche. In mostra il simbolo della Factory, una banana gialla che lasciava intravvedere il frutto color carne con chiare allusioni sessuali.
  12. L’Italia e l’arte contemporanea: Armani e le sorelle Fendi ispirano a Warhol una serie di stupende scarpe sottili e il celebre Super Dress, un abito di carta e cotone di squisita raffinatezza sul cui davanti è stampata in serigrafia la Campbell’s soup. In Italia Warhol viaggia sicuro e sereno. Nascono la moda e, insieme, la mondanità. Ferrara, Milano, Roma, Napoli sono le sue città di elezione; la famiglia Agnelli lo stima e lo protegge. Appartengono a questa ultima sezione della mostra le foto scattate con l’inseparabile Polaroid. Occhiali, scarpe, bicchieri, visi del mondo Rock, sono segni di una vita vissuta fino al congedo.

    Questo scriveva l’artista poco prima di morire: “Sono il nulla in persona e questo non ha aiutato per niente il mio senso dell’esistenza. Poi mi sono reso conto che la stessa esistenza non è il nulla e mi sono sentito meglio”. 
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Maria Giovanna Forlani, piacentina, ha compiuto gli studi classici; si è laureata in Storia e Filosofia ed in Lingue e Letterature Straniere; è diplomata in pianoforte e clavicembalo. Dopo aver insegnato nei Licei è diventata Dirigente Scolastico. Cultrice delle arti, grande viaggiatrice, amante del nuoto e grande camminatrice. Ama la natura e il teatro. È giornalista pubblicista, conferenziera e saggista ed ha al suo attivo numerose pubblicazioni.

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