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Commissione antimafia: a Piacenza è un’opportunità da non sprecare

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A Piacenza in Comune ormai c’è rimasto ben poco, si litiga su tutto o quasi. Anche sulla Commissione antimafia. La battuta arriva da chi conosce bene i corridoi di Palazzo Mercanti. La vicenda è nota. Giuseppe Caruso, presidente del Consiglio comunale ed esponente di Fratelli d’Italia, poco più di un anno fa viene arrestato nell’ambito dell’operazione Grimilde. L’accusa è di essere parte di una cosca della ‘ndrangheta; ma vengono escluse relazioni con la sua attività politica e amministrativa. Poco dopo il consigliere di minoranza Roberto Colla propone comunque di istituire una Commissione comunale speciale per chiarire le cose.

Un anno di attesa e poi ecco l’improvvisa controproposta della Giunta di Patrizia Barbieri. Per voce della vicesindaca Elena Baio, punta all’istituzione di una nuova Commissione permanente (la V) dedicata “alla prevenzione e al contrasto delle mafie e della corruzione, e alla promozione della cultura della legalità”. Alla fine, il 22 giugno scorso, dopo ore di acceso dibattito in Consiglio comunale, nessuna mediazione. Passa la proposta della maggioranza contro l’opposizione, e non senza distinguo anche tra le sue fila.

Presidente cercasi

Risultato? Adesso si litiga anche sulla presidenza della Commissione antimafia, che si dovrebbe riunire per la prima volta il 21 luglio. Dapprima circola il nome di Antonio Levoni; e subito inizia il fuoco di sbarramento che parte dalle opposizioni: Massimo Trespidi (Liberi) evidenzia come lo spesso critico consigliere capogruppo dei Liberali ultimamente si sia piuttosto ammorbidito nei confronti della Giunta Barbieri. Una battuta che ai più è apparsa come una giocata ad hoc per mettere allo scoperto i mal di pancia nella maggioranza, dalla Lega a Fratelli d’Italia, proprio sul nome di Levoni a capo della nuova Commissione.

Poi ecco il tentativo di mediazione sul nome di Michele Giardino (Gruppo Misto), altro consigliere di maggioranza, che però ha subito rifiutato con un chiarissimo post su Facebook: “Giardino possibile presidente della Commissione antimafia? Non ho partecipato al voto che l’ha istituita perché ritenevo che a quel voto ci si dovesse arrivare a Consiglio comunale unito. Adesso auspico che la presidenza sia almeno affidata alle minoranze. Perciò, scusatemi, ma declino fin d’ora l’invito”.

Alzare lo sguardo

Peccato che a Palazzo Mercanti si debba assistere all’ennesimo teatrino anche su un tema di questo spessore, che dovrebbe unire invece di dividere. Partendo dal caso Caruso, tralasciando il peso delle questioni di metodo e di galateo istituzionale, l’idea di istituire a Piacenza una Commissione antimafia permanente non è sbagliata. Anzi, è un segnale di attenzione apprezzato da tanti cittadini, al di là del fatto che la vicenda poteva essere gestita meglio dalle forze politiche piacentine.

Le recenti inchieste della Procura sull’usura e sui furti nella logistica dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che a Piacenza ci sono sempre bocconi prelibati per la criminalità organizzata. E basta pensare al nuovo ospedale e ai suoi appalti milionari per capire come una commissione del genere possa avere un senso “permanente”. Non in termini burocratici o di mera rappresentanza. Ma per esercitare davvero un monitoraggio attento sul tessuto economico di un territorio indebolito anche dall’epidemia di Covid, con tante aziende ed esercizi commerciali che potrebbero diventare facile preda degli “investimenti” della criminalità organizzata.

La Commissione antimafia approvata dalla maggioranza ha anche un’altra ambizione non meno importante: diffondere la cultura della legalità a livello locale. Passando, per dirla con Sciascia, dai professionisti dell’antimafia (che lui non amava) per divulgare contenuti e conoscenze sulla lotta alle organizzazioni criminali. Questa commissione può diventare quindi un volano per campagne d’informazione, incontri nelle scuole, tra i cittadini, per dare a tutti maggior cognizione di causa sull’illegalità che si muove anche nel piacentino. Per coltivare cioè quegli anticorpi più che mai indispensabili anche in un organismo sociale sano, che oggi vanno alimentati sempre più da vicino contro tutte le mafie.

 

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Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.

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