Manovra correttiva in arrivo? Sarebbe un bel macigno sulla strada del governo giallo-verde. All’orizzonte però i numeri dell’economia italiana destano sempre più preoccupazione e la parola recessione è ormai sulla bocca di tutti.
Industria in calo
A novembre è scesa la produzione industriale (-2,6% su base annua e -1,6% su ottobre). Sempre per l’Istat sono calati gli ordinativi (-2% in un anno) con un lieve aumento del fatturato (+0,6%). Tutti dati che lasciano presagire perlomeno un aggiustamento al ribasso delle stime sul Pil italiano nel 2019. Il governo aveva già corretto il tiro delle sue ottimistiche previsioni di crescita dall’1,5 all’1%. E adesso è probabile che siano più vicine alla realtà stime come quelle di Prometeia (+0,5%), o addirittura di Oxford Economics (+0,3%).
L’Italia rischia la recessione perché paga la debolezza del mercato interno e l’esposizione delle sue produzioni votate soprattutto all’export. Con il mercato mondiale in rallentamento, Cina in primis, c’è poco da stare allegri. Il Pil tedesco per esempio nel 2018 è cresciuto dell’1,5%, mentre nel 2017 l’aumento era stato del 2,2%. E se va così la locomotiva d’Europa, il nostro primo mercato di sbocco, anche quelli degli altri Paesi Ue non offriranno di meglio al made in Italy, con una frenata del Pil dell’eurozona stimata dall’1,9 all’1,2% nel 2019.
Meno investimenti
In situazioni del genere per sostenere l’andamento dell’economia diventano fondamentali gli investimenti pubblici. Ma nel nostro Paese invece di aumentarli si fa il contrario. Nei primi 10 mesi del 2018 sono crollati del 23%, con una spesa in conto capitale scivolata a poco più di 25 miliardi di euro. Un approccio “certificato” anche nella nuova legge di Bilancio: i 9 miliardi di investimenti iniziali alla fine si sono ridotti a 3,6 per l’intero triennio 2019-2021 a favore della spesa corrente.
Come se non bastasse, si discute all’infinito sul futuro di grandi opere come la Tav. Con rallentamenti e blocchi delle infrastrutture che non aiutano le imprese e i posti di lavoro che portano con sé, che poi vogliono dire salari e consumi delle famiglie.
Quindi una manovra correttiva che aumenti il peso degli investimenti sarebbe auspicabile per rafforzare la domanda interna.
L’emorragia del debito
Ma c’è un’altra ragione che spinge con forza verso una manovra correttiva: il peggioramento del debito pubblico. A novembre l’aumento è stato di 10,2 miliardi, quasi tutto per la spesa corrente. In complesso, per Bankitalia nei primi 11 mesi del 2018 il debito pubblico è salito di 58 miliardi. E così è arrivato alla cifra record di 2.345,3 miliardi.
Tanto per capirci: su una popolazione residente di 60,5 milioni, sono 38.765 euro di debito a testa. Per pagarlo ci vorrebbe un anno e mezzo di Pil procapite 2017, pari a 26.427 euro.
Altre motivazioni legate al debito pubblico: ridurre lo spread che appesantisce la spesa per interessi. E riconquistare la fiducia degli investitori esteri che stanno abbandonando i nostri titoli di stato. Tra maggio e settembre hanno disinvestito 83 miliardi, di cui 68 in titoli sovrani. Siamo a una quota del 33% del totale, mai così bassa da inizio 2000.
Sono obiettivi importanti, perché il Quantitative Easing, l’acquisto di titoli di stato da parte della Bce, anche in funzione anti-spread, è terminato. E non si può pensare di imbottire ancora di titoli pubblici le nostre banche già molto esposte su questo fronte.
Manovra correttiva e Bruxelles
Se cala la crescita del Pil e aumenta il debito pubblico, nel 2019 sarà molto difficile centrare gli obiettivi della legge di Bilancio. E questo sia per il rapporto debito/Pil al 130,7%, sia per il deficit al 2,04%.
Quindi Bruxelles potrebbe intervenire. “Non è da escludere che la Commissione Ue voglia aggiornare gli obiettivi al nuovo quadro macroeconomico”, ha dichiarato Renato Brunetta a Il Giornale. “Ciò significherebbe una sola cosa: una richiesta di manovra correttiva da fare questa primavera”. Addirittura con la possibilità di una procedura d’infrazione contro “quota 100 e reddito di cittadinanza”, ha concluso l’economista e deputato di Forza Italia.
Lo spettro dell’Iva
L’ultimo punto che giustifica una manovra correttiva è iniziare a sterilizzare le gigantesche clausole di salvaguardia concordate con Bruxelles. Si tratta di aumenti dell’Iva di 23 miliardi nel 2020 e di 29 miliardi nel 2021: entreranno in gioco per “raffreddare” il deficit se superasse il 3%. Anche qui, visto il cambiamento del quadro economico, il rischio è cresciuto parecchio. E allora meglio cominciare subito ad aggiustare il tiro.
Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.