Renzi ha ancora in mano il Partito democratico? È il suo segretario, certo. Ma giorno dopo giorno il suo potere sui maggiorenti del Pd sembra affievolirsi. Le sue scelte vengono messe in discussione sempre più spesso. Le divergenze si susseguono, soprattutto con gli uomini del governo. E sullo sfondo si avvicinano a grandi passi le elezioni siciliane.
Braccio di ferro su Bankitalia
L’ultimo braccio di ferro è sulla successione in Banca d’Italia. Renzi vorrebbe far fuori il governatore Visco, reo di non aver vigilato a sufficienza sul crac delle banche. Per il posto di numero uno a Palazzo Koch avrebbe pensato a un paio di nomi: gli economisti Marco Fortis e Lucrezia Reichlin. Spalleggiato dal Quirinale, Gentiloni invece vuole evitare scossoni con la riconferma di Visco. E pare la stia spuntando. In pochi giorni ne avremo conto, visto che la nomina va decisa entro fine mese.
Altra poltrona di peso è quella del presidente della Consob, incarico che scade a fine anno. Qui lo scontro sarebbe con Padoan. Al posto di Vegas, il ministro dell’Economia vorrebbe il suo capo di gabinetto Roberto Garofoli. Secco il no del segretario del Pd, soprattutto perché Garofoli è considerato vicino a Enrico Letta. La principale alternativa renziana? Ancora Fortis.
Renzi: dolori siciliani
Ma al di là di questi segnali d’indebolimento della leadership renziana, il momento chiave per capire che cosa succederà nel Partito è la tornata elettorale siciliana. Negli ultimi sondaggi il Pd è in grande difficoltà, praticamente doppiato sia dal Movimento 5 stelle sia dal Centrodestra unito. Nei giorni scorsi, il ministro della giustizia Orlando, a capo dell’opposizione, ha detto che in caso di sconfitta non chiederà le dimissioni di Renzi. Ma è chiaro che una débâcle siciliana porterebbe a un durissimo confronto nel partito. E a chiedere la testa del segretario potrebbe essere qualcun altro con responsabilità di governo. Qualcuno che non ha ancora preso le distanze da Renzi in modo deciso, ma che potrebbe uscire allo scoperto dopo il 5 novembre, aggregando un cospicuo gruppo di “congiurati”.
Da Gentiloni a Minniti
In questo quadro si cercano alternative. In primo piano, gioco forza c’è il premier tranquillo. Quel Gentiloni che si sta costruendo un’immagine di politico capace anche fuori dai confini nazionali. Al suo fianco, sta crescendo anche il ministro dell’Interno. Minniti ha affrontato il tema degli immigrati con decisione. E dopo aver bloccato gli sbarchi, per non apparire troppo di “destra”, ha proposto il piano nazionale per l’integrazione, legato ai classici principi del Pd.
Renzi: soluzione al 50%
Insomma, di certo Renzi non dorme sonni tranquilli. A questo punto gli conviene continuare a tutti i costi sul doppio binario del segretario e candidato premier? Forse deve cambiare strategia. E prepararsi a cedere una quota di “sovranità”. Scindere i due ruoli e consegnare a qualcun altro le credenziali per salire a Palazzo Chigi, stemperando il personalismo di cui viene accusato da più parti. Difficile da digerire? Forse sì. Ma se è vero quel che si dice, e cioè che avrebbe confidato ai suoi più stretti collaboratori di essere pronto a fare il ministro in un prossimo governo, vuol dire che Renzi sta cominciando a capire che non uscirà indenne da una sconfitta siciliana.
Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.