La morte di Aurora Tila ha scosso nel profondo la comunità piacentina. La città s’interroga mentre il 15enne accusato di omicidio volontario resta in carcere dopo la convalida del fermo da parte del Gip del Tribunale dei minori di Bologna. Le indagini dei Carabinieri proseguono senza sosta per definire nei particolari il quadro accusatorio che inchioderebbe il giovane, mentre lui continua a negare l’omicidio dell’ex fidanzata 13enne. A incidere in modo determinante sulle sue responsabilità ci sarebbero però alcune testimonianze che raccontano in modo agghiacciante come si sarebbero svolti i fatti. Addirittura pare che il 15enne abbia staccato le mani di Aurora dalla ringhiera del terrazzo a colpi di cacciavite per farla precipitare verso la morte.
Poi c’è il prima, che apre il campo alle responsabilità di chi doveva agire per evitare che si arrivasse a questa tragedia che ha coinvolto due minorenni. Il rimpallo è già partito tra la famiglia della giovane e i servizi sociali che dal 2017 seguivano Aurora. E le cronache danno l’impressione che più di un soggetto coinvolto nella vicenda abbia sottovalutato i rischi sull’evolversi di un rapporto dai contorni morbosi ancora da chiarire fino in fondo. Non vogliamo entrare nel merito, ma se questo 15enne era così problematico e conosciuto per i suoi atteggiamenti, oltretutto pare condivisi con altri coetanei, è stato fatto davvero il possibile per il suo recupero? Anche qui le indagini appureranno eventuali omissioni o leggerezze che potrebbero sfociare in comportamenti colposi da parte di chi doveva agire nei suoi confronti.
In attesa che la giustizia faccia il suo corso, c’è una comunità molto scossa da questa tragedia. Ma al gioco siamo tutti colpevoli, innescato da qualcuno, non ci stiamo. Stende un velo d’ipocrisia inaccettabile. Primo, perché apre la via d’uscita ad un’assoluzione collettiva: tutti colpevoli, nessun colpevole, ferme restando le responsabilità penali che sono sempre personali. Secondo, perché in campo su queste problematiche ci sono figure professionali pubbliche impegnate nelle attività di indirizzo e controllo sociale, con risorse, strutture e incarichi assegnati dalle istituzioni per stendere una rete preventiva, educativa e finanche repressiva, allo scopo di evitare tragedie come quella di Aurora e, se permettete, anche di un 15enne in balia di se stesso e delle sue ossessioni fino alla mattina del 25 ottobre che lo ha segnato per sempre.
A Piacenza la morte di Aurora ha suonato un campanello d’allarme assordante sulla tenuta del tessuto sociale della città. Soprattutto nei confronti dell’evoluzione di un mondo giovanile che gli adulti conoscono poco e sottovalutano nelle sue devianze che hanno portato anche a questa tragedia. Giusto interrogarsi, ma guardando in faccia la realtà, senza stracciarsi le vesti in analisi ipocrite. Servono più risorse umane ed economiche, con investimenti nella formazione degli operatori, per monitorare il mondo giovanile, oltretutto complicato da una pluralità di etnie mai vista prima? Serve una riorganizzazione dei servizi sociali, scolastici, sanitari e di volontariato per essere più attenti alle famiglie in difficoltà e per intercettare i segnali di pericolo con anticipo? Chi ha il compito istituzionale di fare valutazioni e scelte si assuma la responsabilità di cambiare quello che non va.
I funerali di Aurora si svolgeranno in Duomo a Piacenza martedì prossimo. La città di certo si stringerà attorno a lei e ai suoi cari. Ma non lasciamo che dopo la sua sepoltura tutto resti come prima.
Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.